MISSIONE
[02]:
"TO IBIZA AND BACK"
INTRODUCING...
Andare a Ibiza e sopravvivere: questo è l'obiettivo della missione [2]. Non una parola di più, non una di meno: andare là e tornarne vivi, possibilmente con qualcosa da raccontare. Un obiettivo semplice, ecco. Eppure le leggende relative all'isola sono tante e variegate, e noi che siamo diretti là, noi che veniamo da Cuneo, siamo un po' impauriti, ecco tutto. Ce la faremo?
BRIEFING
THE TEAM
TURISTA N°1: ATROPINA | |
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L'altr'anno
era sotto le armi, quindi niente vacanze. L'anno prima è stato a
Parigi con un mare di persone, ed ha compreso che in vacanza bisogna andare
in pchi, pena il caos. E negli anni precedenti? Interrail: Scozia, Irlanda,
Marocco, Spagna. E ancora prima? Se andiamo indietro nel tempo troviamo
una vacanza a Rimini, che potrebbe essere la logica premessa di questa spedizione
alle Baleari, nel regno delle discoteche e della movida notturna. Ma Atropina
non ne è conscio. Sì, certo, non ignora tutte le leggende
discotecare legate all'isola, ma si aspetta comunque un buon surrogato dei
tropici, con spiagge vellutate, palme a far ombra, pesci multicolori e tanta
tanta quiete durante il giorno. Lo shock sarà tremendo. Il tapino sperava forse in una furtiva storia d'amore. Chi vivrà vedrà. |
TURISTA N°2: SANDOKAN | |
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Eccolo qui, l'altro turista. Sandokan non fa una vacanza con Atropina dal lontano millenovecento... ecchiseloricorda. Allora il luogo prescelto fu Ceriale, sulla riviera ligure. Ora ci si è spinti un po' più in là. Perfettamente tagliato per questo tipo di vacanza, Sando è l'uomo da spiaggia per eccellenza: sulla bianca sabbia può finalmente riposarsi dopo le estenuanti fatiche dell'ufficio, ed inoltre può sfoggiare un fisico palestrato che quasi non ha paragoni. Peccato che questo sfoggio non serva a niente, essendo quest'uomo fidanzato, dunque insensibile ai richiami del sesso. Ed escludiamo a priori qualsiasi possibile scappatella extraconiugale, perché sappiamo con certezza che il soggetto ha la testa sul collo, ora come non mai. |
THE PROGRAM
Otto giorni e sette notti. Mezza pensione nell'hotel Bossa Park, a Playa d'en Bossa, che è un posticino 3 km a sud di Ibiza, con -dicono- belle spiagge.
EQUIPMENT
[In preparazione]
DEBRIEFING
DAY
01: IL VIAGGIO E L'IMPATTO
Oggi si parte. Decidiamo di non fare l'autostrada fino a Torino, perché
tanto siamo in netto anticipo. Ma arrivati a Torino -incredibilmente- ci perdiamo.
Colpa dei lavori in corso che sbarrano la nosta unica possibilità di
uscire dal caos. Beh, no, non è un perdersi perdersi, solo che ci ritroviamo
proprio nel mezzo di questa città, a fare una trentina di semafori prima
di essere finalmente sulla tangenziale. Qualcosa non ha funzionato, e la punizione
è un caldo allucinante e soste continue sotto lampadine rosse che sembrano
non cambiare mai colore. In condizioni normali ci saremmo anche incazzati, ma
è l'inizio di una bella vacanza, e tutto si sopporta. Poi la tangenziale,
poi finalmente l'autostrada, su cui Natasha (la mia macchinina) scorre veloce
mangiandosi i kilometri, con un autoadio zittita dal vento veloce che filtra
dagli spifferi da cui boccheggiamo. Qualche deviazione, poi verso Vergiate e
Somma Lombardo, seguendo il depliantino che dovrebbe guidarci al parcheggio
custodito dove dobbiamo lasciare Natasha. Anche lei, in un certo senso, trascorrerà
una settimana di vacanza: nessuno che le schiaccia i pedali, un po' di respiro
oltre le quattro mura del box che ormai conosce a memoria, e soprattutto un
luogo nuovo, lontano da casa, dove non è mai stata. Ma facendovi ingresso
mi viene il dubbio che Natasha non sia poi così felice di restare lì,
in questo parcheggio che sembra più un cimitero d'auto, col fango al
posto dell'asfalto, sporco ovunque, che mi lascia un po' di diffidenza. Ma va
bene così.
Raggiungiamo il terminal 2 con il pulmino e ci fermiamo ad attendere che il
nostro tour operator apra il box. Gente ovunque. Odio un po' questi luoghi di
passaggio, che sembrano appartenere a tutti ed a nessuno. Guardi la gente e
ti pare di intuire dove va, o da dove torna, e a volte ti pare addirittura di
capire chi sta aspettando. La mia destinazione è Ibiza, Baleari, e riconosco
al volo chi ha il biglietto come il mio. Perché qualcuno ha pensato che
Ibiza inizia da quando metti il piede fuori casa, ed ha voluto anticipare l'impatto
agghindandosi a tema, turisti senza spiaggia e inghiottiti da una coda. E c'è
un signore, con moglie, figlio e valigioni, che ci appare ovunque. Assomiglia
un po' a Mauro Di Francesco, e si vede subito che cerca qualcuno con cui cianciare.
Trova noi, e ci parla della sua difficile situazione: deve andare a Catania,
ma a causa dell'eruzione dell'Etna non può atterrare là. Ci racconta
tutto come se fossimo effettivamente interessati al problema, ma temo si sbagli.
E' simpatico, anche troppo per i miei gusti, e quando vado altrove lo trovo
già lì a dirmi "Djerba?!? Volo cancellato, mi spiace ragazzi".
E non riesce neppure a scherzare per bene, perché noi si va ad Ibiza.
E in fondo, l'unico volo davvero cancellato è il suo, e ci racconta anche
la soluzione di ripiego. la cosa che mi spaventa è che tutte le cose
che quel signore mi ha raccontato le ricordo ancora, alla perfezione. Non mi
interessano, eppure ce le ho in testa. Ha approfittato della mia concentrazione
pre-viaggio per ficcarmi in testa un sacco di personalissime nozioni, e temo
che non me ne libererò più. Saprò per sempre cos'ha fatto
quel diavolo di signore spettinato, senza averlo mai voluto e senza neppure
poterci fare niente.
Ritirati i biglietti, fatto il check in, si fa il consueto giro nei free-shop,
ed intanto iniziamo a guardarci attorno, individuando quelli che viaggeranno
con noi. Vedo un sacco di belle ragazze, ed inizio a chiedermi se il destino
ha scelto per una volta di essere benevolo e se le piazzerà nella stanza
d'albergo di fianco alla mia. Ma mi sembrano tutte così raffinate, così
belle. Mi pare improbabile che possa mai nascere un link di una settimana con
questi soggetti. Ci sono le fighette milanesi che sembrano uscite da un video
di Madonna, cappello da cowboy incluso. Che salutano il papi-servo che le ha
portate fin lì e attendono che si incammini all'uscita per accendersi
una cicca, respirando nicotina come se fosse libertà, tanto per liberare
finalmente la puttana che tengono nascosta dentro. Ci sono tre tipine bassine
e carine che emanano dallo sguardo una fierezza ed una sicurezza che mi mettono
quasi a disagio. Mento alto, lente rotazioni del capo. E approdano lì,
al nostro gate. Poi che fanno? Si siedono lì ed una inizia a limarsi
le unghie. Sebbene sia stupenda l'immagine di questa ragazza che "si affila
le unghie" già per l'atterraggio, troviamo la cosa un po' esagerata
ed esibizionista. Poi ragazzi scazzati come noi (perché l'attesa scazza),
gruppi misti di romani che si fanno spazio a suon di gomitate e volgerità
che vorrei evitare di ascoltare, ma non è possibile. Poi scatta la scritta
NOW BOARDING e allora vuol dire che si va. Si fa tutta la manfrina e finalmente
si sale sull'airbus 320. Il destino (a lui abbiamo delegato l'ardua scelta)
mi sistema al finestrino, e Sandokan è un po' incazzato, ma gli prometto
il tramonto del viaggio di ritorno. Il Capitano Sevilla ci dà il suo
gracchiante saluto dagli altoparlanti e ci dice che passeremo su Torino, Nizza,
Marsiglia, dandoci l'idea per gioco: dobbiamo individuare Cuneo dal finestrino,
cosa che non ci riuscirà. Le hostess. Mi lasciano senza parole, come
sempre. E ce n'è una che... alta più di una hostess vera, capelli
tutti tirati indietro e raccolti in una coda perfetta, sguardo un minimo assente,
truccato sapientemente con un violetto chiaro, incisivi da coniglietto che le
labbra ben disegnate lasciano appena intravvedere. Bella davvero, tanto che
mi sentivo disonesto ad aver pagato così poco per il volo. Gelido fumo
scende dall'alto, ed è lo sbuffare dei condizionatori, cinture allacciate
e si parte. Quindi la solita trafila: bibita con ghiaccio, caffè (o tè,
siamo democratici), una specie di brioche con bacon and cheese che mi lascia
la fame, più che toglierla, e poi una caramellina, tanto per finire.
Eccoci ad Ibiza. Per ora solo all'aeropuerto de Ibiza, ma c'è tempo,
otto giorni di tempo. Ci attende un operatore che assomiglia a Marco Balestri
(sempre con la storia delle somiglianze, poi vi spiegherò). Sandokan
gli indica i nostri nominativi sulla lista prima che lui stesso riesca a trovarli,
meritandosi i complimenti del Balestri che azzarda anche una proposta di assunzione
presso l'agenzia. Il nostro pullman, quello che ci condurrà all'albergo,
è il numero nove. Andiamo al pullman nove, e l'autista - che carica i
bagagli con scazzo encomiabile- mi biascia qualcosa, ed io non riuscendo a capire
dico un sì giusto per dire. Ma il lesto Sandokan mi guarda, chiede di
nuovo, e così si accorge che il nostro pullman è l'altro, e che
Marco Balestri ha già fatto la prima cazzata. Saliti sul pullman giusto,
si sta a vedere chi delle belle figliole che hanno volato con noi salirà
sullo stesso. E' una sorta di continua selezione, che aveva come base tutte
le donne di Malpensa, poi quelle al gate, poi ora sul pullman. Vediamo salire
due ragazze belle alte già viste a Maplensa, una che ricorda vagamente
Elizabeth Hurley, non fosse per una stato di quasi anoressia, e l'altra che
è una bella biondona trendy e figlia di papà. Subito si esulta,
ma poi le cose cambieranno. Oh, come cambieranno. Ora c'è l'ultima selezione:
il pullman scaricherà i passeggeri presso gli hotels di Playa d'en Bossa,
cioé ci sarà un'ulteriore crudele divisione. Il Bossa Park è
il primo, e il Bossa Park è anche il nostro, quindi ci affrettiamo a
scendere ed a presentarci alla reception. Ci sono anche le due stangone di cui
parlavo prima, bene. Poi ci sono due ragazzi, già abbronzati, dei quali
uno va subito a salutare il barman. Vuol dire che è già stato
qui, penso io, e la cosa mi dà un po' di sicurezza. Se ci è tornato,
o è masochista o ne vale la pena. Ecco il nostro turno, lo scambio chiave
contro documenti. la nostra stanza è la 233, che diventerà in
breve tempo ' dos tres tres', uniche parole spagnole da me pronunciate in tutta
la vacanza. Saliamo allo dos tres tres seguendo un dedalo di scale e corridoi
che sembra non finire mai, e finalmente la troviamo, sistemata in buona anzi
ottima posizione, con terrazzino che guarda la piscina dell'hotel. Una bella
stanza, ma non siamo lì per la stanza. Una veloce sistemata a bagagli
e vestiti (perché siamo ragazzi ordinati) e poi ci si proietta fuori,
a vedere la vita di Playa d'en Bossa.
Facciamo dieci passi, giriamo l'angolo, ed ecco l'orrore dei miei occhi. Ma dove cazzo sono finito?!? La morsa mi prende la gola. Sono in una seconda Rimini, con rastrelli che cercano di tirarti dentro i locali, raggazze bellocce che ti riempiono di cazzo di volantini delle discoteche, luci colorate, eccetera. L'orrore. Io che ho dormito sulle panchine in Scozia, che ho chiuso gli occhi sotto le piante secolari del cimitero di pere Lachaise a Parigi, che mi sono infilato anche nella House of Commons a Londra, ho iniziato a stare male. pensavo ad un posto simile ai tropici, con tanto divertimento sì, ma non sbandierato in questo modo osceno. E invece eccomi lì, subito fermato da un ragazzotto di Milano, che ci dice di andare a bere qualcosa nel pub lì di fronte, perché ci sono due italiane sedute al tavolino, e bisogna andare a tener loro compagnia. E' bravo a fare il suo mestiere, il magro figlio di puttana, e ci fa sedere con queste. Ovviamente a me tocca una sottospecie di trentacinquenne alta più o meno mezzo puffo che cerca subito di battermi una cicca. Mi racconta un mare di cazzate, ed io sono stanco per il viaggio, e poi lei è noiosa. Sa ascoltare, ma si tratta di formalità. Così finita la mia birrozza e fatte anche due chiacchiere con l'altra, per la par condicio, ci si alza. Sando ed io facciamo ancora un giro in quel delirio, il tempo di farci riempire di flyer e di capire da che parte sta il mare. La serate si conclude con un'altra birrozza sulla spiaggia, seduti su un muretto di cemento vecchio, a guardare i tedesconi -eleganti come un tendone da circo- che fanno baldoria ed a fare pronostici su cosa si prospetta per il futuro. Futuro a Ibiza e anche futuro futuro.
RIASSUNTO
DEL GIORNO UNO
Il lungo viaggio a bordo di Natasha ci porta a Malpensa, dove veniamo sommersi
da orde di turisti multicolore e multiumore. La pancia dell'aeroplano ci inghiotte
e ci vomita ad Ibiza, in una stanza d'albergo carina che però non riesce
a trattenerci, perché curiosi andiamo a verificare cosa diavolo sia questa
Ibiza di cui tutti parlano. E non è come pensavo io. Ma è solo
il primo giorno, e sono stanco. Domani tutto sarà migliore.
DAY
02: OMICIDIO ALL'HOTEL BOSSA PARK
Oggi ci si sveglia presto. Abbiamo appuntamento alle ore 10 con la sosia di
Mietta, ossia la nostra assistente dell'agenzia che ci spiegherà tutte
le allettanti e costose proposte. Dopo una bella colazione siamo lì da
lei, Sandokan, io e i due ragazzi svizzeri. No ovviamente le due stordite milanesi,
che saranno ancora in stanza a decidere in che perizoma infilarsi. Mietta de
Roma ci spiega un po' di cose che potremmo fare, tipo escursioni guidate dove
è garantito che ci si ubriaca, mercatini hippie, sbarchi simil-cristoforo
in isolotti descritti come quasi vergini, e poi la possibilità di noleggiare
automobili o scooters. Noi due decidiamo per la sedentarietà, ed è
presto fatta. Non resta che andare in spiaggia. L'abbiamo già vista di
notte, questa famosa spiaggia, ma di giorno sarà un'altra cosa. E così
siamo lì. Solo ad andare dall'hotel alla playa in ciabatte mi lacero
il dorso del piede e questa piccola feritina mi accompagnerà per tutti
i sette giorni, impedendomi di camminare come un comune cristiano. E la spiaggia?
La mattina è deserta. No, cioè... affollata, ma deserta rispetto
a ciò che vedremo di lì a qualche ora. Ci ritagliamo uno spazio
tra un'area di sdraio e l'altra e ci piazziamo lì, Sandokan abile uomo
da spiaggia che sa come prendere il sole e si diverte a farlo, ed io che odio
tutto ciò e l'unico aspetto che vagamente mi interessa è quello
dell'abbronzatura, convinto come sono che la pelle scura mi renda un minimo
più belloccio. Così mi sdraio pensando all'incremento di successo
che potrei avere con le donne. E donne ce ne sono intorno a me, ma tutte irraggiungibili,
impossibili. Ne arrivano ogni minuto che passa, da tutte le direzioni, con bikini,
topless, tanga. Tutti fisici da lasciarti senza fiato, tanto che la massima
che mi accompagnerà per tutta la vacanza sarà "sul totale
se ne scarta davvero una percentuale bassissima".
I loro fisici quasi mi spaventano. Perfetti. Proprio dell'idea che ho io di
perfetto. Linee perfette secondo i dettami dell'estetica attuale, corpi magri
con qualche muscoletto in rilievo, spalle belle larghe da ragazzina che si è
fatta almeno quattro corsi completi di nuoto, glutei abbronzati mai flaccidi.
E quando il fondoschiena sembra eccedere un po', si ha quello strano fenomeno
che vede passare il tal soggetto da 'top-model' a 'sex-symbol': cambia la categoria,
la taglia, ma il risultato sull' "animo" maschile resta lo stesso.
Ventri piatti da fare spavento che poi esplodono in seni prorompenti, quasi
indecenti, oppure minuti, misurati ed eleganti, che forse non controbilanciano
il sedere, ma lo evidenziano celebrandolo ancor più. Seni coperti, lasciati
comunque intuire, oppure seni sfacciatamente esposti, con tutta la disinvoltura
del caso. Giochi di proporzioni in cui la natura si è sbizzarrita, e
tutto il catalogo è lì in cinquecento metri quadrati di spiaggia,
ad un passo da me. Capelli raccolti in code selvagge come fruste al vento, pareo
che si sciolgono come sipari che si schiudono per lo spettacolo, pelli lucide
e opache d'ombre saline, controllate da chi le indossa, che porta il proprio
mento al petto in posizione innaturale per guardarsi divenire scuro senza bruciare.
Curve gentili e curve azzardate, depilazioni più o meno accurate, collane,
braccialetti, cosmetici sempre e comunque. La moda del corpo, il satana del
nuovo millennio. Il diavolo tentatore che ti induce a iniettare silicone per
elevare colline sgraziate, contrarie ad ogni più elementare infantile
idea della forza di gravità. Donne sdraiate con tette che puntano al
cielo come belliche contraeree, segnate da cicatrici ascellari che ancor più
rendono davastante il nefando lavoro del giovane chirurgo arrivista ed inesperto,
che ha fretta di riempirsi la saccoccia con i complessi altrui.
Ecco le donne che mi circondano, ed io a chiedermi da dove siano saltate fuori,
chi le abbia portate lì. A domandarmi quale sia la causa di questa concentrazione,
di questa selezione accurata di bellezze procaci ed invitanti. Però nessuna
parla. Vorrei poter parlare al di sopra di questi seni, al di là delle
chiappe, camminando in bilico sul filo impercettibile dei tanga. Parlare per
vedere se è proprio così, che bellezza per intelligenza dà
sempre un valore costante. Solo una ragazza sui trenta, di fianco a me, sembra
aver qualcosa da dire. Ha un fisico statuario, che non conosce la parola 'grasso',
ma un viso non perfetto. Eppure questo viso sorride di continuo, con la bocca
e con gli occhi. E' sola e guarda il mare. Poi si sdraia un po' per tornare
a guardare il mare ancora. D'un tratto estrae dallo zainetto un quaderno stropicciato
ed inizia a scrivere, con lo sguardo che sembra cercare ispirazione dalle sabbiose
onde, o forse da un po' più al largo. Vorrei parlarle, vorrei dirle che
anch'io scrivo, che anch'io alla fine della vacanza avrò qualcosa da
scrivere. E penso che sì, lei è giunta al termine della sua evasione,
e riempie righe di parole per fermare il tempo. Il Sandokan, nel frattempo,
si è fatto un bagnetto. In un'acqua che mi ha deluso ulteriormente. Credevo
-chissà perché- che Ibiza fosse un surrogato dei tropici, un mondo
di spiagge perfette e pulite che è lì, che non richiede di solcare
un oceano o di volare più di un'ora. Invece no: mare riminese, cioé
macchiato dal fondo sabbioso, e spiaggia sporca di mozziconi, profilattici,
tappi di bottiglia e quant'altro, priva di quei volenterosi schiavetti che in
Romagna ogni mattino spazzolano e rispazzolano il suolo. Cristo. Devo aver sbagliato
posto. Eppure Bora Bora beach è una delle spiagge più famose dell'isola.
Già mi fa incazzare che nel dare il nome di una spiaggia si scelga il
nome di un luogo straniero, che con Ibiza non c'entra un cazzo, perché
mi sa di solito mezzuccio per fottere turisti sprovveduti, sensibili ai miti
ed ai nomi ripetivi, che fanno sempre molto selvaggio, molto giungla nera. In
ogni caso verso le tre del pomeriggio capisco perché la spiaggia è
famosa: tra le case ed il posto dove si sdraiano a rosolare i corrotti depravati
che hanno scelto quella spiaggia indiavolata, ci sono localini parecchio alcolici
che sparano da casse non regolamentari musica house per dodici ore al giorno,
a volume allucinante, direi tedesco. E tutti a ballare sotto il sole, con un
bel drink in mano. Tutte le donne di cui ho poc'anzi detto più tutti
gli uomini di cui finora ho taciuto. Ed è bene che ne parli. Tutti palestratissimi.
Cazzo, tutti muscolosi, e comunque ben definiti. Glabri o comunque depilati.
Ecco, il Sandokan, che tutto sommato è un bel ragazzo, può competere,
ma io? Io che arrivo ad Ibiza fuori forma totale: tutti i sacrifici le corse,
le nuotate che avevo fatto, sono andati a puttane con lo stress dell'esame,
che mi ha spinto ad abbuffarmi. Una pancetta, un torace villoso, un'abbronzatura
incompleta, da ciclista, la stempiatura. Ecco, sì, mi accorgo di non
avere le carte per far mie quelle belle figliole che mi attorniano. Potrebbero
giocare a mio favore, nel clima ibizeno, i tatuaggi. Ma sono nulla in confronto
a quelli dei machi che sulla spiaggia la fanno da padroni. Non ho le carte,
non ho niente, sono completamente tagliato fuori. Ho davvero sbagliato tutto.
Me ne sto mezzo sdraiato sullo stuoino di paglia, con i gomiti puntati e gli
avambracci tangenti al terreno, a guardare cosa accade attorno a me, a divorare
con la fantasia belle tedescone ginniche, o spagnole che inevitabilmente mi
richiamano alla mente Jennifer Lopez, a chiedermi se tutte queste hanno un cervello,
o anche solo un cuore. Poi dico che sono un ipocrita, perché se mai l'occasione
ci fosse non mi farei troppe domande, nè sarei troppo schizzinoso. poi
dico che invece no, che io sono davvero così, non è solo una sofisticazione.
E un po' me ne vanto addirittura. Nel frattempo il Sandokan fa amicizia con
due ragazze di Reggio Emilia, che avevamo già visto sull'aereo. Io mi
avvicino è così si chiacchiera un po', ma di cazzate, di gran
cazzate. Come ti chiami, di dove sei, che cazzo di lavoro fai, ah, studi ancora,
e cosa studi, e vaffanculo. Non mi frega nulla di queste cose. Ma possibile
che nessuno faccia mai domande tipo "Anche qui, al caldo, sulla spiaggia
di Ibiza, riesci a sentirlo il soffio gelido della morte che è in ogni
cosa?", oppure "Ti dà più fastidio la sabbia nel costume
o l'idea che forse questa vacanza non ti cambierà affatto?"
Dopo il bagno (che facciamo a turni alterni perché uno dei due deve comunque
stare a riva a controllare che non ci fottano tutto), si va a fare una spesuccia
in uno di quei supermercati fotti-turisti lì vicino, perché si
ha sete, una grande sete. Poi in albergo, in attesa dell'ora della cena. La
nostra alimentazione? In sette giorni di mezza pensione, da plebei che siamo,
non abbiamo mai fatto pranzo fuori. Ci siamo sbizzarriti a colazione ed a cena,
ma il pranzo mai. Cosa che ha giovato alla mia panzetta, non c'è che
dire. Dopo la cena (una cena di occhiate, tanto per avvistare qualche degna
compagna di hotel) qualche partitina a scopa: le partite iniziali hanno visto
una netta dominazione mia su Sando, che stracciavo con distacchi quasi abissali.
Ma ben presto questa situazione andrà a capovolgersi, dio santo. Fino
a che abbiamo scommesso ipotetiche ragazze tutto è filato liscio ed ho
sempre vinto, ma quando i valori in gara sono stati un po' più materiali,
addio.
Così giunge l'ora della preparazione, della vestizione degli eroi. Ad
Ibiza la notte inizia tardi, dopo le 23.30, quindi abbiamo tutto il tempo per
trasformarci in splendidi principi azzurri: doccia, pettine (parlo per Sandokan),
dito indice puntato sul labbro mentre si staziona davanti all'armadio, scelta
dei capi, e poi via per le strade. Questa sera, come da programma, si va ad
Ibiza, al puerto, e poi in discoteca, anche se non sappiamo ancora quale. In
spiaggia ci hanno bombardati di volantini, più elegantemente detti flyer.
E ieri, l'argentino del bar ha spiegato alle sicule come funziona l'acquisto
dei biglietti: si comprano prima, perché alla porta costano almeno il
doppio. Non sappiamo davvero che fare, perché ogni scelta comporta una
spesa di una sessantina di mila lire, che per noi non sono esattamente come
perdere mille lire alla morra cinese. In ogni caso balziamo sul bus che da Playa
d'en Bossa porta ad Ibiza, promettendoci di seguire la folla fino al puerto.
L'autista grida PUERTO e si scende tutti, poi tutti accodati, e finalmente la
vita di Ibiza, il caos, l'inferno ustionante.
Una bolgia infernale di gente, pecoroni tutti belli agghindati, marciano in
un'univoca direzione, catturati dalla solita musica ad alto volume. Travestiti
sui trampoli, tenere coppie di gay palestrati, un diabolico essere dalla pelle
color caffelatte e dal pizzetto affilato come una lama che usa per sciarpa un
pitone. Tanta gente, troppa gente,l e sembra anche un po' spaesata, come spaesati
siamo noi, in mezzo a mille proposte di bevuta ai prezzi più disparati.
Vieni a bere da me, che sono mille pesetas. Io per mille ti do due giri. Ma
io per mille pesetas ti do due giri più un chupito. Se compri i biglietti
per la disco da me ti offro un giro di cocktail, e il secondo lo paghi solo
mille. E come cazzo fai ad orientarti tra tutte queste proposte? Non ti orienti,
ed infatti il Sando ed io ci facciamo pinzare più di tremila pesetas
in due per due cocktails neanche troppo potenti. E questi che ti fanno le offerte
sono tutti italiani. Per essere precisi romani, napoletani, e tirano tutti -ma
dico tutti- a fregarti, bastardi. Il nostro elogio va comunque ad un PR, Alessandro,
che è di Cesena, e la differenza si sente. Gentile, non spaccone, ci
dà le dritte giuste. Invece di offrirci 'coca-paste-fumo' come i suoi
abbronzati colleghi, ci tratta con i guanti e ci dice di tornare indietro a
comprare i biglietti dai suoi colleghi. Noi, nel frattempo, abbiamo deciso di
andare al divino, a vedere cosa diavolo è questa 'Mrs. Moneypenny's"
soiree, così andiamo da una romana, che ci offre i biglietti a 4500,
che poi in realtà diventno 5000 pesetas, e allora vaffanculo. Prendiamo
questi ladrati biglietti per il Divino, e torniamo al porto per prendere il
traghetto che ci dovrebbe portare dall'altra parte dell'isola. Ci sono tre mezzi-criminali
siciliani che, intenti a girarsi un cannone, ci raccontano il loro scazzato
entusiasmo per le disco dell'isola, nel loro solito tono strafottente e insopportabile.
Un coglione dei tre mi dice "Minchia, ieri sera nella disco c'erano anche
le telecamere, e ti giuro, mi sembrava di essere in televisione, troppo bello".
Ed io sempre più convinto di aver sbagliato posto, cazzo. Bisogna andare
via perché la loro compagnia non è affatto gradevole, quindi si
decide di arrivarci a piedi, che son solo dieci minuti. Quindi via a piedi,
e intanto sono già la tre di notte.
La
discoteca di Ibiza vuol dire musica house, consumazioni carissime, caldo, tanta
gente di tutti i tipi. Si entra tra muraglie di buttafuori, si varca l'anticamera
ed eccoti dentro al Divino, che non è esageratamente grossa come pensavo
io. Buietta, asimmetrica, con una super pista all'interno ed un'ampia passeggiata
all'esterno, a picco sul mare come se fosse il ponte di legno di una nave. Fa
caldo, e fuori fa ancora più caldo. Non c'è un posto a sedere
che sia uno, non c'è la possibilità di consumare, per noi pezzentelli,
perché se 33cl di acqua costano 12.000 lire e se la matematica delle
proporzioni non è un'opinione, per un coco-loco devo almeno accendere
un mutuo. Così si gira, dando sporadiche occhiate a tutte le panterone
che svolazzano qua e là, si balla un po' sotto l'onda d'urto spaventosa
delle vibrazioni sonore, ci si siede su qualche ritaglio di scalino, e poi si
trona fuori per una nuova boccata d'aria. Presto noto che gli uomini costituiscono
almeno l'80% della popolazione, e la cosa mi rammarica parecchio. In fin dei
conti è una dicoteca come ce ne sono tante qui, con la differenza che
qui costano meno. Ah certo, non ci sono le cubiste così scollate-scosciate,
o così carine, se preferiamo. Non c'è la solita gente sui trampoli,
non ci sono i ballerini che scivolano sul plexiglass cosparso di vaselina, e
non c'è quel miscuglio di razze e lingue che rende tutto di livello più
intrigante. Ma rimane sempre una discoteca, nè più nè meno.
Una discoteca da 60.000 lire, ed io non devo proprio pensarci che ne ho spese
così tante per una cosa simile, perché altrimenti sto male, male
davvero.
Non voglio uscire da questo racconto come un avaro spiantato che non spende
mai. Io spendo eccome, ma solitamente per cose che mi piacciono. Ed è
qui che sta il problema. Tutto ciò mi piace davvero? Ho davvero fatto
tutti questi duemila kilometri per questo o c'è qualcos'altro? E il non
trovare risposte è troppo comodo, come comodo è nascondere la
faccia ballando freneticamente.
La stanchezza arriva. E nei cuneesi arriva prima. Decidiamo di uscire, di ritornare alla fermata del bus. Una bella camminata alleviata dalla presenza di un provvidenziale distributore di lattine gelide, e di nuovo in centro. Ma... dove diavolo è la fermata del bus per il ritorno? Ecco cosa non abbiamo chiesto, cazzo. Proviamo a fermare un po' di gente per la via, gente che ha finito anche lei la serata e non vede l'ora di essere a casa. Nessuno sa niente, nemmeno tre tristissimi e scazzatissimi ragazzi che mi paiono un po' shokkati dall'impatto con Ibiza, e mi trattengono a parlare parlare parlare. Il Sandokan, nel frattempo, molto americanamente ferma un taxi al volo, ci saltiamo su, ed eccoci in albergo.
Entriamo nella illuminata hall. Un uomo anziano al telefono, uno più giovane a testa china sul bancone, due ragazzi in tenuta ginnica e senza parole appogiati allo stesso bancone. Andiamo fin lì per chiedere le chiavi. Dos tre tre, ce l'ho già in bocca, ma nessuno sembra considerarci troppo. Qualcosa inizia a sembrarmi strano, sarà forse per un odore che inconsciamente sento presente nell'aria. Ad un tratto il secondo uomo alza la testa, e me la mostra rossa, completamente insanguinata, così come grondante sangue è il rigido colletto della sua uniforme di portiere di notte. Lancia un'occhiata a Sandokan, che ha la faccia di ghiaccio, e non riesco a capire se anche lui ha visto o no. Imbarazzato guardo per terra, e le piastrelle sono tutte segnate da quella stessa striscia rossa che ha creato motivi allucinanti sulla bianca camicia del ferito. Così come la poltrona al fondo dell'ingresso, poltrona che forse è stata il primo soccorritore del malcapitato. Lì inizia il gioco di sguardi con Sandokan e con gli altri due ragazzi, uno dei quali si infila le mani trai capelli, ed io davvero non capisco più. Il vecchio sta parlando con la polizia, una polizia non troppo efficiente, che nemmeno sa l'indirizzo dell'hotel, tanto che l'uomo si spreca a dare indicazioni su indicazioni. Capisco che il portiere di notte è stato picchiato, e lui stesso ha richietso un'ambulanza, perché dice 'me fa mal tambien un rognon'. E credo di capire cosa sia un rognon. Immediatamente il mio pessimismo mi porta a pensare che un ladro sia entrato nell'albergo ed abbia svaligiato una decina di stanze, fino a quando, sorpreso, è fuggito mettendo ko lo sventurato signore. Ed inizio a pensare che sicuramente una della camere svaligiate è la nostra. Che culo. Ecco che il vecchio, accortosi della nostra presenza, ci dà la chiave e noi fliamo su facendo ipotesi. Sando dice che sarà inciampato, ma io dico di no, dico che c'è stata una colluttazione. La camera è ok, quindi io devo assolutamente tornare sotto, perché sono un fottuto gatto curioso. Fingo di andare a controllare gli orari della colazione, ed intanto sbircio, ma la situazione è sempe la stessa. Ritorno su per la sigaretta della buona notte e resto affacciato al balcone. Sul bordo della piscina riappare il vecchio, accompagnato da due super-stivalati sbirri della guardia civil, che già brandiscono il manganello. Il vecchio indica la stanza poi, un po' tremante, chiede il permesso di togliersi dai coglioni con la scusa di soccorrere il ferito. Ed ecco che uno sbirro bussa con il bastoncello alla porta del reo. Nessuna anima risponde. Ribussa sempre più incazzato intimando qualcosa in spagnolo, lingua che trovo adattissima a spaccare culi e per alzare la voce, forse ancor più del tedesco. Esce una signora mora dalla finestra, e gli sbirri chiedono del marito. Mio marito dorme dice lei, e loro le fanno capire che non gliene frega un cazzo, che è bene che il bastardo alzi il culo dal lettino e si presenti fuori, anche velocemente. Lui arriva. E' una cosina simile a MacGyver, ma molto più bassa. E' una cosina muscolosa che parla tedesco e si sforza di parlare inglese. E' soprattutto una cosa che si sta cagando addosso e se già è piccolo, lo diventa ancor di più, come piccola e penitente è la sua vocina. Ma che sia davvero lui il criminale? Sì, è lui, e lo spiega agli agenti. Ci pare di capire questo: lui stava facendo il bagno in piscina in orario notturno non consentito e il portiere gliel'ha fatto notare, forse con modi un po' bruschi. E lui gli ha spaccato la faccia. Semplicemente gli ha rotto il grugno, così. Così perché i tedeschi sono grandi grandissime teste di cazzo, una vera razza di merda. L'unica razza di cui un indivuduo può spaccare la faccia ad un povero signore che fa il suo lavoro e poi andare a dormire tranquillo come se niente fosse. Lui spiega con la sua vocina, e si spreca in tahnk you very much, thank you very much. Gli chiedono se vuole andare in commissariato adesso o se preferisce domani mattina. Lui -tedesco- dice domani mattina, ovvio. I due se ne vanno, e lui, muovendosi come un cartone animato, balza di palma in palma a spiare cosa accade nell'atrio, poi torna a letto a dormire tre ore, le ultime tre ore di libertà. Tedesco, solo un fottuto tedesco. Bleah.
RIASSUNTO
DEL GIORNO DUE
Tre impatti: spiaggia, vita nel centro di Ibiza, discoteca. Poi la storia si
tinge di rosso.
DAY
03: LA SVOLTA
La nottata precedente era finita tirando i pacchetti di cicche contro le pale
rotanti del mega ventolone che ci pendeva sulle teste nella stanza duecentotrentatre.
Per vedere chi andavano a colpire.
Ma ecco il terzo giorno. Sveglia alle nove per fare colazione, un'abbondante
colazione, e poi di nuovo a letto, per ricuperare le forze. Sveglia definitiva
alle ore 14.30, per andare a prendere un po' di sole in spiaggia. E la distesa
sabbiosa è sempre costellata di belle ragazze, c'è poco da fare.
Sarà che oggi sono un po' stanco, un po' stordito, ma le vedo ancora
più belle ed eteree, ed anche un po' perverse, devo dire la verità.
Arrivano queste tre tedescone: una perfetta, una prosperosa, il che le costa
un minimo di cellulite da scontare, e infine la terza, con un fisico che ancora
deve esplodere, vista la "giovane" età. E quella perfetta subito
va dal boy bello e muscoloso, magari conosciuto qualche giorno prima in spiaggia
o in discoteca. C'è il rito dei baci sulle guance, delle frasi di circostanze,
ma io capisco già dove tutto ciò andrà a finire, e lo capite
anche voi. Lei si stende al fianco del teutonico bestione, e le amiche -meno
degne- un poco più indietro. Poi arriva il rito della crema, quel banalissimo
spalmare la crema, cerimonia da più parti celebrata, e doppiamente illusoria.
Lei crede di ribadire la sua superiorità lasciando più o meno
castamente carezzare il proprio corpo come se fosse un atto filantropico, come
se fosse la miglior cosa che possa capitare all'intontito maschione. Lui, invece,
si bea di tanta grazia ed in più lancia un segnale ai suoi simili, dicendo
che quello è suo esclusivo territorio e che nessuno può avvicinarsi.
Esattamente come fa quello spagnoletto muscoloso e cazzuto, con i capelli ossigenati,
che appena vede tre negretti drogati che gli insidiano delle potenziali baccagliabili
tedescone si avvicina e le bacia lentamente sulla guancia, mettendo subito in
chiaro il concetto di proprietà. Ma torniamo alla crema. Lei gli tende
il flacone, poi si gira a pancia in giù. Lui, bello muscoloso, improvvisamente
diviene leggiadro ed elastico, e discorrendo con l'amico inizia distrattamente
ad ungere la schiena della "vergine" in topless. Come se la cosa focale
fosse la discussione con l'amico di colore, eppure ben presto si svelano gli
intenti, perché quell'uomo ci mette una cura ed una classe immense in
ciò che fa. E' bravissimo, davvero bravissimo, eppure la tipa cazzeggia
anche lei. Farebbero prima a correre direttamente nel primo letto dei dintorni...
ma è un rito, un sacrosanto rito. E finita la parte sopra, il gaggio
va alla parte sotto, che comprende gambe e chiappe. Furbo lui! inizia dalle
caviglie, per farle vedere che non pensa solo a quello, o forse solo perché
anche in Germania conoscono il concetto di dulcis in fundo. Ma finite le gambe
c'è il sederino, malcelato da un peccaminoso tanga. E lui, lì,
si rivela un signore. La chiazza di unto che lasciano le lente manone del palestrato
non vanno mai oltre i livelli di decenza, purtroppo per lei, per lui, o per
tutti e due. Il tanga consentirebbe all'omone di farle praticamente una visita
ginecologica, ma lui disegna sui suoi glutei una linea non oltrepassabile. E
di colpo lo rivaluto, bravo.
Se l'ho invidiato? Forse, ma la tipina mi sembrava un po' stronzetta, sì.
Ma il sole già volge al tramonto, così, assetati come delle desertiche
bestie, ci avviamo al supermercatino per comprare qualcosa da bere e da sgranocchiare.
Ho un 'idea: compraio anche due bottiglie di birra, massì. Così,
armati di sacchetti di nylon, torniamo in albergo, e ci dedichiamo allo svacco
più totale, giocando a scopa. Questa era ancora la fase "platonica"
della scopa, in cui ci giocavamo... chessò... la tipa della stanza a
fianco, oppure qualche nome pesante di Cuneo, qualche gnocca di quelle classiche,
ecco. E lì vincevo io, vincevo sempre io. E ci si impegnavo seriamente
anche se la posta era ipotetica, irreale. Ma la cosa stava per prendere un'insana
piega. Il Sandokan, forse questa stessa sera, mi proponeva di giocare SOLDI.
Botte di 1000 pesetas (prezzo di un cocktail), perché la cifra mille
maschera un po' il fatto che in realtà si tratta di dodici cazzo di mila
lire. Ah, il demone del gioco. Fino a quel momento avevo vinto la tipa anoressica
(di cui ho parlato in precedenza), poi avevo tolto la possibilità a Sando
di conoscere una mia amica (avesse vinto lui gliela presentavo), poi avevo vinto
l'amica della anoressica. E poi ecco le maledette 1000 pesetas. Ora ricordo,
sì... è proprio questa la sera. Inizia la partita e quel maledetto
di Sando, assalito dalla febbre del tavolo verde, mi umilia con un 21 a 6 e
si barba un cocktail alla faccia mia. Ma io, sapendo dell'insana passione che
il gioco suscita in lui, gliela butto lì: si fa la rivincita, e se vinci
nuovamente ti pago ANCHE l'ingresso in disco. E grazie a dio vinco 21 a 16.
Al pelo. I nostri volti erano talmente tesi che abbiamo spaventato un ragazzo
di Roma che era venuto a fare capolino. Saputo che era in ballo una consumazione
ha chiesto scusa e si è volatilizzato.
Dopo la tesissimadoppia partita abbiamo deciso di rilassarci con una partita
in cui la posta era una bella topolona con gli occhi azzurri, e l'ho vinta io.
Ipoteticamente.
Ma la notte è ancora giovane. Si esce. Ah un attimo. Prima di uscire
ci sono le due bottiglie di birra comprate prima. Che ora sono bollenti, nonostante
io provi ad immergerle nel lavandino colmo d'acqua. Finito il supplizio della
calda bevuta, finalmente si va. Fuori. Diretti nuovamente al puerto di Ibiza.
Andiamo alla fermata del bus e troviamo dei tipi completamente lordi, di Rimini.
Sono pazzi, ma simpatici. Già solo così a vista fanno ridere,
perché si va da elementi minuti ed elettrici ad un omone grasso grasso
e con pochi capelli che è sicuramente la reincarnazione di un artigliere
degli alpini. Incontriamo anche altri tre ragazzi, di Livorno. Che più
in là scopriremo che si chiamano Francesco, Diego, Daniele, e che sono
stati i nostri compagni di vacanze (e di moderato baccaglio). Li conosciamo
perché ci chiedono un paio di info, alla fermata del bus. Perché
i riminesi erano troppo fuori per sembrare credibili, e noi siamo sembrati un
po' più seri. Ci chiedono dov'è il puerto e noi li invitiamo a
seguirci, perché saremo noi ad aprire loro la strada degli inferi. Viaggio
in bus con i riminesi che cantano "Romagna mia" a squarciagola e poi
si scende al puerto. Eh sì, se non sbaglio scendono alla stessa fermata
due tipine carine che sono in hotel con noi. Il Sando prova ad attaccare di
discorso, molto gentilmente, ma una delle due risponde a monosillabi, tirando
dritto. Vaffanculo. I tre livornesi ci seguono dentro il groviglio di stradine,
urla, locali, e offerte, fino a che una tipa di nome Giada, dal visino carino,
ci promette per non ricordo quante pesetas un cocktail e un chupito. E si va
tutti e cinque lì. I livornesi, che sono simpaticissimi, iniziano a parlare
con Giada, invitandola a trovare qualche bella ragazza da portare al tavolo.
Giada, invece, ci offre il solito ritornello, che più o meno fa COCA-FUMO-PASTE.
Giada è finta, come tutto, del resto. Finge gentilezza, e all'inizio
quasi ci credevo. Fino a quando accompagna due tipe NON al nostro tavolo, ma
a quello di due tamarri schifosi piazzati dietro di noi, che a descriverli si
può dire che uno è la custodia dell'altro, tanto sono mal assortiti.
Questi fanno subito gli splendidi, pagano qui, pagano là, e voilà,
belle che catturate. E i livornesi lo dicono, a Giada, che così non è
corretto. E lei dice che le prossime ce le porta. Infatti arriva con cinque
tipe ginniche, ma le fa accomodare ad un altro tavolo. E queste cinque sono
stronze davvero, ci trattano malissimo. Fanculo anche loro. E' l'ora del chupito
ed io propendo per una bella tequila sale e limone. Oddio, giusto per rinfrescare
la memoria, che sta ormai cancellando i tempi antichi in cui me ne sparavo cinque
di fila. Ci alziamo e si continua il giro. Ad un tratto si sosta un secondo,
ed ecco che passano due ragazza, con una che dice all'altra "Hai sentito?...
diceva droga, droga...". Sando coglie la palla al balzo e dice "Droga?!?
Interessa?!", e così si inizia a chiacchierare. Non sono due tipe,
ma sono cinque, di Bologna. Si parla del più e del meno, fino a che un
francese del cazzo arriva a si intromette. Ma cosa cazzo vorrai che stiamo parlando
noi, con queste ragazze?!?!? Lui tranquillo, imperterrito, parla, blatera, dice
cose che interessano a nessuno. E noi lo si trascura, vuoi per il fatto che
comunque siamo in cinque e possiamo sopraffarlo in qualsiasi momento, vuoi perché
la sua attenzione si è focalizzato sulla preda meno interessante. Fai
pure. Dette (noi) varie cazzate, si decide di fare un giretto e magari trovare
un altro tavolo a cui sedersi. E questa volta siamo in dieci, cinque più
cinque. Tutti loro ordinano sanrilla, ma io, asociale, vado di birrozza. Si
parla di scuola, di lavoro, poi ogni tanto il discorso muore un po', ed io in
quelle situazioni non so mai che dire, mi sento a disagio, e sento che devo
dire una cazzata, sì, una cazzata per smuovere l'impasse. Sai qual è
il problema? Che siamo stanchi, tutti stanchi. Ci dirigiamo alla fermata dei
taxi, ci mettiamo in coda sgridando i soliti (sud) italiani che la coda non
vorrebbero farla. Salgono le bolognesi che vanno a Figueretas, e le salutiamo,
poi tocca al Sando e a me, e salutiamo i livornesi, con l'appuntamento in spiaggia.
Il taxi della sera prima era così bello... c'era pure in sottofondo il
nuovo singolo degli HIM. Ma quello di stasera è terribile. Fuori ci sono
28 gradi, ma 'sto psicopatico di un tassista tiene l'aria condizionata a 19!
Ascolta una partita alla radio... cazzo, dico io, una radiocronaca alle quattro
del mattino? Sando, che è più coraggioso gli lancia un "Football???",
al quale lo yeti risponde con un grugnito che non vuol dire nè sì
nè no nè un cazzo. Finalmente scendiamo dal frigo ed entriamo
in albergo, senza trovare sangue sui nostri passi, risse, cadaveri occultati
o quant'altro. Si va a letto subito, ma io ripenso a quel figlio di puttana
di PR che lavorava a pochi passi da Giada, che ci ferma, ci chiede di dove siamo
e poi fa "Cuneo? A me stanno sul cazzo quelli di Cuneo... io sono di La
Loggia". Ah sarà bella La Loggia, buffone. E bel PR di merda che
sei, idiota.
RIASSUNTO
DEL GIORNO TRE
Vita da spiaggia nella prima parte, dure partite a scopa nella seconda, infine
si esce, ed incontriamo i tre friends di Livorno.
DAY
04: QUANDO SI PRENDE LA MANO
Sveglia. Colazione. Nanna. Sveglia. Poi Bora Bora beach. Noto una strana irrequietezza
in Sandokan, che oggi non ce la fa a stare tranquillo sdraiato come nei giorni
precedenti, ma ha bisogno di camminare, camminare, camminare. Io, che sono contrario
allo svacco da spiaggia, resto invece lì, immobile, sul mio stuoino,
a leggere il libro di Montalban. Ed ogni tanto il Sando mi appare, stanco per
il tanto camminare, e si riposa un po' lì, vicino a me. Sempre vicino
a me c'è una francesotta sui trenta che legge un libro anche lei. E il
titolo del libro è qualcosa tipo "Histoire sexuelle de" e poi
un nome di donna. E se questa bellezza d'oltralpe volesse lanciare un messaggio?
Io credo molto a questo tipo di messaggi. E comincio a pensare che lei forse
ha notato che siamo gli unici due che stanno leggendo sulla spiaggia. Tutti
gli altri sono troppo intenti a farsi cannoni, spalmarsi o farsi spalmare la
crema, bere whisky and cola alle tre del pomeriggio sotto un sole da 35 gradi.
Siamo solo in due, uniti dalla stessa passione. Io proporrei di fare amicizia,
no? E poi, se fa certe letture... oddio... non male. Ma ecco che mi giro nuovamente
e noto con grande rammarico che è arrivato il suo partner, che ha stesa
l'asciugamano di fianco al suo ed ora sta lì ad abbronzarsi, mentre lei
legge le peripezie sessuali di un'avvenente eroina.
Di tanto in tanto faccio una pausa, e fisso l'orizzonte quasi estaticamente
per meglio fissare su un'immaginaria retina le immagini che Montalban disegna
con le parole. O anche solo per restare un attimo da solo con la senzazione
che quelle stesse parole hanno suscitato in me, momento perfetto di intimità,
insostituibile. Però mi distraggono i tossici tutti attorno, e soprattutto
mi distrae un po' il transessuale col seno finto che esce dalle acque e passeggia
fiero e sorridente sul bagnasciuga con la mini tavola da waveboard sotto il
braccio. E' ridicolo, niente da fare. Tette attaccate lì ma davvero poco
credibili, perché troppo ferme, troppo poco reattive, e sicuramente non
sufficienti a farmi pensare anche per un solo attimo che quella sia una donna.
Il mio radar mi dice che quella non sarà mai una donna, nemmeno grazie
al bisturi del miglior chirurgo plastico.
Neanche il tempo di riprendermi da questo bruttura che ecco appaiono le ragazze
fiorentine che avevamo incontrato la sera prima. O almeno, ne appaiono due delle
cinque. La bella biondina col visino furbo, quasi classy, e l'amica brunetta.
Sandokan, che è di animo estremamente gentile, cerca di attaccare discorso
tra le onde, ricordando loro che la sera prima hanno rifiutato la nostra compagnia.
Ma scherziamo?? E così si fanno quattro chiacchiere, rinforzate dall'arrivo
dei livornesi. Non so perché ma queste mi sembrano stronze, ma stronze
davvero. Se la tirano troppo, per i miei gusti. Ed ecco che presto scopro il
motivo di tanta diffidenza: studiano legge. Le studentesse di giurisprudenza
sono fondamentalmente stronzette. Oddio, con debite eccezioni, ma Francesco
si trova concorde con me. E' quella che si chiama deformazione professionale.
Mica ci nascono: diventano così dopo quattro o cinque esami fondamentali,
povere. Iniziano a mettersi nelle prime file di banchi, slacciandosi un po'
i primi bottoni della camicia per fare colpo sull'assistente, oppure proponendo
all'occhio ballerino del docente i più arditi spacchi, che nemmeno la
faglia di sant'Andrea riesce ad eguagliare. Quindi il discorso con queste fiorentine
muore lì, e meno male. Le rivedremo sporadicamente di qua e di là,
ma ogni volta mi sembreranno più stronze ed arroganti. In fondo, ragazze
così possono far colpo solo su un assistente universitario. E si prosegue
con la vita da spiaggia, tra canne libere, tanga, aerei che volano troppo bassi,
tanto da chiedersi se non cadranno prima della pista. Dopo un po' anche la vita
da spiaggia rompe, ed io sono un po' ustionato. Col passare dei giorni era scattata
una malsana sfida tra il Sando e me, una gara a chi si abbronzava di più.
E così, questo era il primo giorno in cui ho fatto a meno della crema
solare, ma ho riportato quella lieve sensazione di bruciato che mi spinge a
pensare di aver fatto una modesta cazzata. Si ritorna in albergo, e c'è
il momento del relax, con Sando che si fa una bella sguazzata in piscina. Poi
giù, nella gelida sala da pranzo, per una cena abbondante. Ricordo ancora
una volta che noi due siamo andati avanti una settimana senza mai mangiare pranzo:
colazione abbondante e idem a cena, ma niente pranzo. Degli eroi. Dopo la cena
io mi ritiro in stanza e il Sando resta lì a parlare con i due ragazzi
svizzeri. Dopo un po' anch'io mi unisco alla combriccola e così si parla
del più e del meno: della Svizzera, degli stipendi in Svizzera, della
qualità della vita in Svizzera, poi a volte anche dell'Italia. Si crea
questa situazione: noi Italiani siamo conquistati dall'idea di guadagnare sei
milioni al mese e vogliamo trasferirci là, e gli Svizzeri dicono che
l'Italia è più divertente, cosa che io non metto assolutamente
in dubbio. Poi di nuovo ognuno nella sua stanza, e ricomincia la magnetica spirale
della scopa. Ci rigiochiamo la consumazione e questa volta perdo di brutto.
Perché non c'è nulla da fare: quando si parla di soldi l'infame
Sando alza le antennine, moltiplica le capacità di concentrazione, e
mi strabatte. Io mi incazzo, anche parecchio, ma non ho tempo di spaccare la
stanza dell'hotel perché alle 23.30 i livornesi ci aspettano all'incrocio.
E siamo lì precisi al secondo, ma nessun livornese all'appello. Aspettiamo
ben 45 minuti, poi decidiamo di andare a bere un cocktail nel solito locale.
E' cocktail sia, vero Sandokan? Tanto questo te lo offre quello che ha perso
a scopa, no? Poi andiamo alla fermata del bus, direzione puerto de Ibiza, e
chi troviamo? I livornesi. Voi avete pensato "due belle bionde", e
invece no, i livornesi. Che ci spiegano che ci hanno messo un po' perché
Diego doveva farsi bello. E vabbé, perdonati. Sbarcati al puerto entriamo
di nuovo nel casino di carne umana, e toh, le ricercatissime ragazze di Reggio
Emilia, eccole lì. Ma come, stanno già tornando a casa?!?! Ma
è prestissimo. Dai, venite ancora a fare un giro con noi. E loro, scazzatissime,
si rendono conto che non possono dire di no. E allora si, decidono di darci
il contentino, e un giro con noi lo fanno. Ma corto. E noi, abili ciceroni,
ci teniamo a portarle a vedere quei due negozi fulminatissimi che ci sono tanto
piaciuti in precedenza. Sono due negozietti spaccaculi che vendono roba fulminata
della Cyberdog,
abbigliamento da techno-discotecari. Robe fasciatissime per lui e per lei, piene
di catarinfrangenti, spalline, inserti in plastica, zip fluorescenti e diavolerie
varie. Robe così tanto tamarre, così esageratamente da ragazzo
impasticcato del nord-est, che Sando ed io ne siamo ironicamente conquistati
e a ogni nuova visita ci ripromettiamo di comprare almeno una t-shirt prima
della fine della vacanza. Orgogliosissimi di ciò, mnostriamo appunto
questa merce marziana alle due ragazzotte, che fingono un entusiasmo quasi credibile,
prima di salutarci ed andare via. Proseguiamo da soli, facendoci largo a gomitate
tra la folla. Rivediamo tutti i rastrelli (cioè quelli che ti trascinano
dentro i locali) delle sere prime, ma il fiuto ci porta da Alessandro, l'unico
simpatico, l'unico con accento tollerabile. E infatti -vedi a fidarsi del fiuto?-
Alessandro ci fa fare due giri di cocktail più un chupito. Cosa potremmo
desiderare di più? Siamo in cinque, tutti attorno a due minuscoli tavolini
di un locale che si chiama Peres-Trojka. Ad un tratto vedo Francesco e Diego
che spostano il posacenere a coprire qualcosa sul tavolo. Lo fanno con discrezione,
con sguardi complici, senza troppo commentare. Io che sono un bastardo curioso
sposto il posacenere e capisco tutto: hanno fatto così per mascherare
una stramaledetta falce e martello quasi illeggibile stampigliata sulla formica.
Da quel momento scatta una simpatia, direi quasi un amore indissolubile. Ed
io che credevo che a Livorno fossero tutti rossi, accidenti a me. In effetti
Daniele, il terzo livornese, un po' rosso è, ma è troppo buono
perché gli si possano fare rimostranze. Così, tra cocktails, sghignazzate
e stupidaggini varie tiramo l'ora tarda, e decidiamo di fare ancora un giretto
sulle banchine. Ci mettiamo al solito posto, dall'imbarco del traghetto per
il Divino, e lì i livornesi ci fanno letteralmente capottare a forza
di battutacce toscane. Poi ci rompiamo anche di stare lì e ci avviciniamo
alla fermata dei taxi. La gente, in teoria, dovrebbe stare tutta in fila, ad
attendere che vettura dopo vettura arrivi il proprio turno. Ma notiamo una cosa:
c'è qualcuno che passa avanti. Qualcuno che fa il furbo. E sono tutti
italiani, ANZI, sono tutti romani e napoletani. Sarà un caso? Non lo
sappiamo, ed è troppo tardi per pensarci. Certo che queste piccole cose
ti fanno crescere un grande odio dentro, già. Odio che sbollisce grazie
all'aria condizionata del taxi, ed è subito albergo. Una boccata d'aria
sul balcone prima della dormita e ci accorgiamo che le nostre vicine aretine
hanno deciso di dormire sul balcone, perché fa troppo caldo. Diamo loro
la buonanotte, promettendo di chiamarle domattina per colazione.
RIASSUNTO
DEL GIORNO QUATTRO
La vacanza sta divenendo routine, perché da spaesati ragazzi di Cuneo
ci stiamo trasformando in affilate creature della notte che non hanno nulla
da perdere. E intanto il giro si allarga.
DAY
05: L'APICE DELLA POTENZA
Sandokan russa. Non si può dormire. La sveglia arriva come una liberazione
e... attenzione... bisogna svegliare le tipe di Arezzo, che però preferiscono
continuare a dormire. Noi no, noi corriamo a colazione per abbuffarci una volta
di più. Ed esageriamo di brutto, perché il Sando si fa beccare
mentre esce dal salone con in mano una pagnotta rubata dal tavolo, evidente
trasgressione al regolamento dell'hotel, come gli fa notare la severissima cameriera
rompicoglioni. Torniamo umiliati a dormire, fino a che ci si alza definitivamente
e si va in spiaggia. Nel breve tratto di bagnasciuga che percorriamo ogni volta
ci imbattiamo nella prima bagnante completamente nuda. Non che le altre siano
vestitissime, però questa fa il suo effetto. Anzi, a dire il vero non
ne fa più nemmeno tanto. Lì sono tutti dei fottuti esibizionisti,
non c'è nulla da fare. Alla playa de salinas è pieno di nudisti,
questo lo sapevo, ma oggi questa ragazzotta dev'essersi persa sulla nostra spiaggia,
ed ora sta lì, a lasciare che le onde sabbiose lambiscano il suo corpo
nudo ed abbronzato. Stendiamo le stuoie ed io mi rituffo nella lettura. Sando,
sempre un po' irrequieto, continua a fare la spola tra una spiaggia e l'altra.
Probabilmente cerca un po' di frescura, visto il troppo caldo. Fatto sta che
lo vedo andare avanti e indietro, ed un po' mi preoccupo per lui. Così
come sono anche un po' preoccupati i livornesi, che mi hanno raggiunto sulla
spiaggia.
Proprio di fianco a me ci sono le due compagne d'albergo, quella un po' anoressica
e la biondona, intente a prendere il sole. Ad un tratto scompaiono: vanno a
ballare al Bora Bora, locale praticamente in riva al mare che dalle tre del
pomeriggio fino a dopo mezzanotte mi rincoglionisce con il continuo tum tum
tum. Dopo una mezz'oretta tornano tutte soddisfatte, si lasciano mollemente
cadere sugli asciugamani, ed inizia il seguente dialogo:
ANORESSICA: E' stato bellissimo... poi tu...
BIONDONA: Dici che mi guardavano?
ANORESSICA: Se ti guardavano?!? Ad un certo punto, ti giuro, io mi sono girata...
beh, ci saranno state... non esagero... almeno cento persone che ti guardavano...
cioé, tu non ti rendi conto...
BIONDONA: Ma dai?!?
ANORESSICA: Te lo giuro... c'erano persino delle donne che ti guardavano, pensa!
BIONDONA: E il tipo? L'hai visto?
ANORESSICA: Eh, quello lì è veramente un figo... guarda, non devi
lasciartelo scappare, quello. Non devi fartelo scappare.
Ecoole lì, le due regine. Che stavano a dir cazzate sulla spiaggia, a
tirarsela come non mai. Perché noi uomini siamo stupidi, maledettamente
stupidi. Lì ad esaltarsi l'un l'altra, a farsi forza vicendevolmente,
a galvanizzarsi sempre più, consumando con atteggiamento annoiato cocktails
e bibite varie. Poi ecco la giustizia divina, il contrappasso. Arrivano a baccagliarsele
due noiosissimi napoletani che saranno alti la metà di loro due, ed è
per questo che i livornesi li definiscono "i fantini". Poverine, le
vedo in difficoltà. Non sono così stronze (pur essendolo già
molto) da mandarli via di brutto, e però ne avrebbero una gran voglia.
Ah, che brutta situazione. E cosa saran mai la fame nel mondo, la guerra, la
mucca pazza??
Le lasciamo lì, per ora. Sì, perché presto ritorneranno
alla ribaltà, signori. In questo pomeriggio avevo già sufficientemente
violato la loro privacy, auscultando discorsi privatissimi, per cui ho ritenuto
opportuno non osare oltre, anche per evitare di vomitare. Mi sno alzato dall'asciugamano
e sono andato in cerca di un olio solare, perché il mio tubetto di crema
era definitivamente morto. Ancora memore della lunga scena (poco sopra raccontata)
del rito dell'olio solare spalmato dal tedescone sulla bella bionda, quasi come
se fossi subliminalmente condizionato, ho comprato lo stesso olio solare, che
si chiama Hawaiian, e che mi ricorda anche un po' il mio idolo Magnum P.I.
Finito il sole torniamo in albergo e ci prepariamo per la cena. Dopo la cena
Sando si intrattiene un po' con i due svizzeri ed io vado ad accertarmi che
le tipe di Arezzo non siano ancora lì sul balcone, a dormire. E' qui
che, come si dice, facciamo un po' conoscenza. Poi raggiungo il Sando al tavolino
del bar, e gli svizzeri mi consigliano un bello Hierbas ibizenas conghiaccio,
vale a dire un amaro che non è affatto male. E poi è tipico, indigeno,
accidenti. Ci ritiriamo in stanza perché il dovere ci attende: c'è
da fare una scopetta, al brucio. E ovviamente io perdo nuovamente 1000 pesetas,
con il bastardo che mi dice "Ah, ma se vuoi facciamo la rivincita... rigiòcatele..."
e intanto ride sotto i baffi che non ha. Senza cuore. Arrivano le 23.30 e così
raggiungiamo come sempre gli ormai amici di Livorno, che ci attendono all'incrocio.
Optiamo per un giro in Playa d'en Bossa, e andiamo verso il Bora Bora, ossia
là dove nel pomeriggio avevano agitato i loro scarni glutei l'anoressica
e la sua degna compare. Nei 500 metri di strada che vanno dall'incrocio al Bora
Bora almeno venti persone ci fermano per darci biglietti della disco o per "invitarci"
a bere qualcosa, ma noi tiriamo diritto, ed arriviamo in quel posto pieno di
tedesconi che si agitano. E poi, sulla sabbia della spiaggia, c'è anche
qualche gruppetto di gente felice, di una felicità che si respira, anzi,
si INSPIRA. Torniamo verso il centro, ed ecco che mi ferma di nuovo una ragazza
con un viso angelico, già incontrata la sera prima. C'era una disputa
in corso, perché il Sando sosteneva che non fosse italiana. Così
vado lì e glielo chiedo.
ATROPINA: scusa, ma tu sei italiana?
TIPA: più o meno...
ATROPINA: ma cosa vuol dire "più o meno"?!?
TIPA: sono di Bolzano...
ATROPINA: ma cazzo... da quanto mi risulta, Bolzano è in Italia, o no?
E lei mi regala un sorriso fantastico. Io allora le dico che ho fatto il militare
a Merano, non tanto per banfare, ma per farle capire che so che cosa intende
con quel più o meno, visto che quei figli di puttana ci odiano. Ed ecco
che poi arriva Sando, ed io gli spiego cosa stiamo dicendo, al che lui parte
con i suoi deliri secessionistici, e sento frasi del tipo "dobbiamo essere
uniti nella lotta" e via dicendo, e sono anche un po' preoccupato. Ad una
ragazza con quel bel sorriso non possiamo mica propagandare queste cose, accidenti.
La lasciamo lavorare, e ci dirigiamo verso la fermata del bus. Non per andare
a Ibiza, ma perché qualcuno di noi ha ben pensato che è alla fermata
del bus che si fanno ottimi incontri. E chi incontriamo? I tipi romagnoli dell'altra
volta, che questa volta sono completamente fuori, così fuori che non
c'è taxi che li voglia caricare. Grezzi: si sono preparati dosi massicce
di cocktail aggiungendo direttamente l'alcool nella bottiglia di plastica della
lemonsoda o della coca, e adesso sono lì a divertirsi a gridare ogni
tipo di oscenità alle ragazze tedesche che salgono sul bus. Sono così
caproni che fanno ridere di gusto, accidenti. Stiamo lì a guardarci lo
spettacolo e poi andiamo al Garbi. Cos'è il Garbi? Il Garbi è
una discotechina piccolina piccolina, che nulla ha a che vedere con le grosse
disco dell'isola. Vantaggi del Garbi: se entri prima delle 2 con l'apposito
cartoncino che ti danno DAVANTI alla discoteca, non paghi l'ingresso. Svantaggi
del garbi: ve lo dico appena entriamo. E' mezzanotte e mezza, quindi facciamo
scorta di cartoncini, affinché ci sia possibile entrare ed uscire più
volte. C'è addirittura qualche lungimirante che ragiona così:
perché se poi devo portare una tipa fuori, dopo devo rientrare, e non
ho voglia di pagare. Decidiamo di fare il grande passo ed entriamo. Usciamo
subito, perché non c'è un cane. Torniamo dopo un po', questa volta
per rimanerci. E così si inizia a fare conoscenza con un po' di gente,
e ben presto arrivano anche gli svizzerotti. Ottimo, la formazione è
al gran completo. Gente? Ce n'è. Potrebbe essercene di più, e
anche di migliore, certo. Però c'è un risvolto interessante: qui,
per le consumazioni, non ti devi presentare al banco con le mani alzate. Qui
si può bere qualcosa, e così investo i miei pochi averi in birra.
Questa disco, come dicevo, non è enorme, e l'arredamente forse è
un po' vecchiotto. La musica, stranamente, non è la house, ma è
commerciale. E allora un po' si può anche ballare, massì. Così,
tra una corona e quattro salti, si tira tardi. Tra i ricordi notevoli della
serata, mi sovviene il ballo mozzafiato SUL CUBO eseguito da Francesco e Diego
con due rispettabilissime mignotte tedesche, che si lasciavano mettere le mani
un po' ovunque. Ed io? Io sto lì col cappellino della Kangol, ad interrogarmi
sul perché io non sento questa pulsione che spinge a baccagliare sempre
e comunque. Boh, sarò anormale, è l'unica spiegazione.
La serata si conclude con noi cinque (persi i contatti con gli svizzeri) che
ce ne andiamo appena ci accorgiamo che l' M/F rate sta crescendo (M/F rate =
quantità di uomini fratto quantità di donne presenti nell'aria
presa in considerazione. E' ovvio che la situazione è ottimale fino a
che tale rapporto si mantiene a livelli bassi, anzi bassissimi). Facciamo due
passi sulla spiaggia, per vedere se lì c'è un po' di vita. Niente.
Io credevo ci fossero falò, festase varie, gente stordita che offre da
bere e fumare al primo che passa, e invece niente. Solo una banda di fighetti
storditi che ha parcheggiato il fuoristrada quasi sulla sabbia, e che danza
sotto una doccia di fari al ritmo dell'autoradio a palla. Bella gente, per carità.
Troppo bella, così tanto che decidiamo di andare in albergo per un meritato
riposo. E l'appuntamento è per domani.
RIASSUNTO
DEL GIORNO CINQUE
Ormai la vacanza gira a regime, ed è già iniziata la parabola
discendente. Bisogna ottimizzare i tempi, accidenti. E gli amici, li avessimo
un po' trovati prima, accipicchia. E le donne?
DAY
06: LA CONSAPEVOLEZZA DELL'IMPOTENZA
Una bella dormita interrotta volontariamente dalla colazione e poi involontariamente
dalla donna delle pulizie che per le terza volta viene a svegliarci, per pulire
la camera. Però sono solo le 11, e allora possiamo andare in spiaggia,
ad abbronzarci secco. Inizialmente il lido è praticamente deserto, ed
inizia a riempirsi verso l'una. Anche oggi in spiaggia c'è di tutto,
compreso un tipo che arriva lì tutto tranquillo, e tutto tranquillo si
denuda completamente, fa un tuffo, poi torna a riva si riveste e se ne va. Uno
svarione nudo nel mare di Ibiza, mah. Sandokan è sempre frenetico, e
continua ad andare avanti e indietro. Tra l'altro -cosa che non c'entra nulla-
è da un po' di giorni che non vediamo più le tipe di Reggio Emilia.
Ma che fine avranno fatto? Io sto lì sulla spiaggia e un po' leggo e
un po' dormo. Arrivano dei tipi a chiedermi il freesbee. A dire il vero io STAVO
dormendo con la testa appoggiata sul freesbee, a mo' di cuscino... e nel dormiveglia
sentivo voci tipo dai, chiediglielo... embé, ma comm'a sa fa? Sta durmenn...
No, vedi che sta solo con gli occhi chusi... fino a che queste voci rompipalle
si sono trasformate in una voce chiara che mi chiedeva il giochino. E vada per
il freesbee, che fra l'altro questi zotici hanno utilizzato nel classico modo
da spiaggia: lo tiri in prossimità di qualche ragazza e poi vai lì
a romperle le balle. Nel frattempo succedono due cose: uno, arrivano i livornesi,
anche loro preoccupati per l'assenza del peregrino Sandokan. Due, mi restituiscono
il disco volante, e allora andiamo a giocarci noi. Poi Sando famigliarizza con
alcune tipe di Modena, che sono anche ospiti del nostro albergo, e che abbiamo
già notato in precedenza perché sono quattro ragazze più
un ragazzo, che per carità, mai fidarsi delle apparenze, ma a noi sembra
chiaramente gay. Come sempre accade, Sandokan conosce, rompe il ghiaccio, e
poi io mi aggiungo alla chiacchierata, e così stiamo lì per un
po', a parlare di cose divertenti tipo università, lavoro, test di ammissione
e altre cazzate del genere. Così fino a sera, e poi si ritorna in albergo.
Sando si esibisce nel suo perfetto tuffo in piscina pre-cena, e poi FINALMENTE
si va a mangiare. Dopo la cena l'appuntamento oramai classico con gli svizzeri,
che chiamiamo briefing. Io chiacchiero anche un po' con le aretine, e poi arrivano
i ragazzi romani, quei burini che hanno appeso qua e là per l'albergo
'sta cazzo di bandiera della Roma. Ma non sono nemmeno antipatici, e stanno
lì a spiegarmi di quanto odino i laziali ed i napoletani. Poi si torna
dagli svizzeri. Sono grandiosi. Non ne ho mai parlato bene, quindi lo faccio
qui. Si chiamano Damiano (1974) e Antonio (1976). Damiano è il più
grande baccagliatore che abbia visto in vita mia. ha studiato i movimenti di
tutte le tipe dell'albergo, sa a che ora si alzano, a che ora vanno a dormire,
a che ora vanno in spiaggia, e sa anche DOVE vanno in spiaggia, cioé
sa i PASSI ESATTI DI DISTANZA tra il suo asciugamano ed il loro. Finora però
il baccaglio non è stato proficuo, così ora sta sperimentando
un nuovo modo: telefona. Usa il telefono della camera per contattare le ragazze
direttamente in stanza. Ed è ovvio, conosce tutti i numeri di tutte le
stanze, perché ha una completa topografia dell'hotel. Un grande. Antonio
è un po' più moderato, ma è sul piede di guerra anche lui.
Si è invaghito di due belle tedescone che sono in albergo, due biondone
spaventose, con un fisico da infarto. ha il grosso vantaggio che, lavorando
a Zurigo, sa benissimo il tedesco, e già si è portato avanti con
il lavoro. E per quanto Damiano tenti di distrarlo, io ho come l'impressione
che sia troppo preso dalle tedescone per investire in altre missioni. Il suo
tormento interiore è visibilissimo: nervoso, si aggira per la piscina
con ritmo spezzettato, poi guarda su verso il balcone delle procaci figliole,
poi si mette a leggere il giornale, e poi si agita di nuovo. Damiano è
calmo, e ci racconta le varie avventure. [***]
Siamo circondati da tedesconi enormi alti tra i sei e i sette metri, aggraziati
come degli elefanti in una cristalleria, il cui massimo divertimento consiste
nello sbrodolarsi di birra.
Noi torniamo in stanza per la consueta scopetta durante la quale perdo l'ennesimo
cocktail. E fumiamo anche come dei disperati. Addio salute. Ed ecco che ad un
tratto fanno capolina dal balcone le ragazze aretine che ci chiedono se gentilmente
possiamo aiutarle a chiudere le valigie. Potrebbe essere un'ottima scusa per
sequestrarci e violentarci a sangue fino a mattina inoltrata, ma purtroppo NON
E' COSI': dobbiamo effettivamente aiutarle a chiudere le valigie. E la cosa
peggiore è che io non ho sentito parlare di ricompensa. Voglio dire,
care le mie aretine: abbiamo vissuto parecchi giorni fianco a fianco, vi abbiamo
sempre viste girare con i burinoni romani, e ora, ora che ve ne andate, facciamo
conoscenza?? Mi sembra quantomeno disonesto! Ma noi siamo buoni o forse solo
fessi, e sì, vi aiuteremo. L'ingresso in stanza è spaventoso.
Quando sentivo parlare di star del rock che distruggevano le camere d'albergo
mi immaginavo una cosa del genere, ma meno. C'è cartaccia ovunque. Calzini
spaiati, stampelle, biglietti e bigliettini, lattine, merendine, assorbenti,
asciugamani, creme e cremine, qualsiasi [dico qualsiasi] cosa, tant'è
che fatico ad intuire il colore del pavimento. Ragazze, siete carine e tutto,
avete 19 anni e ciò forse funge da scusante, ma avete ridotto questa
camera in un modo SCANDALOSO. Finalmente iniziavo a capire perché le
graziose donzelle preferissero dormire sul balcone e non in stanza. Cari miei
lettori, io so che vorreste assolutamente una descrizione di queste ragazze.
Me lo sento. Io potrei anche farvela, certo, ma credo che vi accontenterò
solo per un terzo, perché sono disposto a descrivervene solo una, la
mia preferita, l'eletta, vale a dire Valentina. Piccolina, bel fisico, bei capelli
lunghi lunghi e mossi, sguardo fiero, cervello sopra la media, mlta classe e
determinazione. Ma devo solo chiuderle la valigia, cristo. Sandokan muscoloso
più che mai chiude due valigie, che però restano lì, pronte
ad esplodere da un momento all'altro. Non avete idea quanto sia interessante
avere piena libertà di pacioccare tra la biancheria intima delle figliole
per disporle in modo che occupino il minor spazio. Se tal biancheria fosse stata
pulita, avremmo sicuramente preferito. Ma ecco l'incubo della TERZA VALIGIA.
La terza valigia è di Cecilia. Cecilia l'aveva preparata con cura prima
di partire, e si era fatta dare una mano dalla sorella. La sorella aveva pensato
bene di fissare la combinazione della valigia, comunicandola a Ceci. Ma Ceci
che siruamente pensava a tutti i bei maschioni che avrebbe accalappiato in quel
di Ibiza si era dimenticata la combi. Drin drin alla sorella che anche lei si
era dimenticata la combi. Arrivata in albergo aveva usato violenza sulla serratura
con un cacciavite, e poi si era data ai balli e agli alcolici. Ma ora era il
tempo di partire, ed ora la valigia non si chiudeva più. La fortuna di
Ceci sta nel fatto che in tutta Ibiza è riuscita a trovare un coglione
disposto a passare combinazione per combinazione per trovargliela: io. Dopo
aver riflettuto sull'amletico dilemma "parto da zero zero zero e vado su
o da nove nove nove e vado giù?" decido per il triplo zero e via.
Ciò che lei poteva fare in comodi 15 giorni devo farlo io in pochi minuti.
PERCHE'? Potere della patata. Arrivo a 339 e la valigia scatta, al che il Sando
esclama "Il prefisso del cellulare". E Ceci "Sssssssssssssssssssì,
il prefisso del cellulare di mia sorella". E vaffanculo, dico io mentalmente.
Almeno limonami. Niente. Salutiamo le ragazze [tanto si era capito che non ce
l'avrebbero data] e ci apprestiamo ad andare fuori a far strage di donne e di
bottiglie di corona. Gli atletici livornesi sono alla rotonda ad attenderci.
Programma della serata: consueto struscio nei dintorni e poi via verso lo Space,
la mega discoteca. Ecco che dopo poche decine di metri incontriamo la distribuisci-volantini
di Bolzano di cui sono ormai follemente innamorato. Che sorriso, ragazzi. Insieme
a lei c'è la collega croata che vi dirò non è mica male
nemmeno lei, e già c'è il Checco di Livorno che sarebbe disposto
a vendere tutto e trasferirsi con lei su un'isola del Pacifico. Considerate
che la croata vive in un appartamentino CON ALTRE 4 RAGAZZE PR, e noi siamo
guarda caso 5. E questa è dannatamente gentile e ti mangia con gli occhi,
e allora è meglio andare via e reprimere tutto. E intanto, mentre parlo
con la croata, già il bastardo del Sando sta prendendo un po' troppa
confidenza con la bolzanina e non va un cazzo bene puttana eva, e così
inizio ad odiarlo ed a pensare al miglior modo per ucciderlo durante il sonno.
Facciamo un po' di giri nelle varie discotechine del cazzo dove non si paga.
Poi andiamo con un doppi cocktail che mi fa davvero vomitare, ma quando dico
vomitare intendo vomitare. Però serve per ubriacarci un po', e allora
ok, va bene lo stesso. E' come le medicine, fanno schifo ma servono allo scopo.
E lo scopo è quello di andare allo Space e cercare di divertirsi. I tre
livornesi ancora non hanno il biglietto, ma lo trovano in pochi minuti ED A
UN PREZZO PIU' BASSO DEL NOSTRO, e allora capiamo finalmente che qui a Ibiza
tutti cercano di fotterti e non c'è possibilità di fottere loro.
Ora, arriviamo là e il posto è effettivamente enorme. Ma le donne?
Non ne si vede. Io vedo solo uomini, e tutti italiani. Ecco l'errore: mai andare
ad una serata con dj italiani, perché troverai SOLO italiani. E gli italiani,
si sa, sono teste di cazzo. Spuntano le ragazze, ma per me sono da codice penale.
Sandokan mi è nervosissimo, non so cosa gli stia accadendo. Si agita,
va di qua e di là, chiede informazioni a destra e manca, appare e scompare
alla velocità della luce. E' completamente impazzito ed io sono seriamente
preoccupato. La musica non ci piace e Checco accusa un mal di stomaco che proprio
non ci voleva, ed è costretto ad abbandonarci. Albertino e Molella si
alternano alla console, ma a me 'sta musica non dice davvero niente, e d'improvviso
mi rendo conto che no, quello lì non è proprio il posto che fa
per me. Vedo nel tempo il mio miglior alleato, e gli chiedo di scorrere veloce.
Mi accorgo di quanto sono idiota: ho pagato un occhio per stare lì e
andare via presto mi sembra uno spreco di soldi. E' un ragionamento del cazzo,
ed è per questo che mi sento spiazzato, abbandonato dal buon senso, inghiottito
dalla movida ibizegna. Sandokan è anche lui un po' deluso, e così
ci avviamo all'hotel, commentando la serata e preparandoci a lasciare l'isola,
perché un solo giorno ci separa dal volo di ritorno. Entrati in stanza
troviamo un bigliettino a terra. E' delle aretine che si sentono in colpa per
non avercela data, e ci lasciano le loro e-mail. E' solo per la cronaca che
vi comunico che su tre indirizzi due sono sbagliati. Uno funge, ma la ragazza
mi ha risposto un'unica volta e poi temo sia morta. Cose che succedono. In ogni
caso il gesto mi ha commosso e sento di dover fare qualcosa. Così prendo
un pezzo di carta, metto i nostri due address e poi, ancora un po' ubriaco,
mi lancio in una super dedica alla Valentina del mio cuore, dicendole ADDIRITTURA
che si avvicina moltissimo al mio modello di donna ideale. Mi dilungo in complimenti
e smancerie e sono sicuro che da questo gesto nascerà un amore indissolubile.
Ma non considero che infilarglielo sotto la porta non è una mossa intelligente,
perché con tutta la merda che hanno lasciato per terra non lo troveranno
mai. Ma i sogni sono belli così. Buona notte, Sandokan permettendo.
RIASSUNTO
DEL GIORNO SEI
Il giorno sei è il momento in cui ti accorgi del poco tempo rimasto e
del troppo tempo precedentemente perso.
DAY
07: IL COLPO DELLO SCORPIONE
Mi pare chiaro che oggi si salti la colazione. Si dorme pesantemente fino alle
14.00, non c'è donna delle pulizie che tenga. E alle 14.00 si va in spiaggia
per l'ultimo sole, perché non esiste che si arrivi a Cuneo e qualcuno
possa dubitare della nostra abbronzatura. Ma io barcollo e sento che se sto
sotto quel sole lì muoio, Così torno in albergo, e poi esco ancora
per un giretto, e poi torno definitivamente in albergo, dove mi addormento con
il libro di Auster tra le mani. E mentre dormo sogno Sandokan che senza di me
si sta sbattendo tutte le tipe della spiaggia, bastardo.
[CONTINUA, POCO PER VOLTA CONTINUA]